Solitario Canfield: quali sono le regole


I solitari con le carte da gioco sono diffusi in tutto il mondo; in Italia ne esistono numerosi, radicati nella tradizione popolare. A questi si aggiungono quelli di origine straniera, perlopiù inglese o francese, a creare un universo estremamente variegato: in alcuni giochi, infatti, la componente aleatoria è quasi sempre fondamentale (se non decisiva) mentre in altri la capacità di mettere in atto una buona strategia contribuisce spesso in maniera sostanziale alla risoluzione del solitario. Il ‘Canfield’ – talvolta chiamato anche “il dispettoso” – è uno dei solitari tradizionali più affascinanti, in quanto fortuna e abilità possono determinare, in qualsiasi momento, l’esito del gioco. Di seguito, scopriamo le origini di questo solitario e quali sono le regole che lo caratterizzano.

Storia del gioco

La prima testimonianza del gioco si trova in “Games of Patience for One or More Players”, un libro scritto dall’autrice inglese Mary Whitmore Jones nel 1892 in cui si fa riferimento al Canfield come “Demon Patience” (in inglese, i ‘solitari’ sono chiamati “patience game”). Il nome, tutt’altro che lusinghiero, sembra derivare dalla capacità del gioco di generare un senso di frustrazione in chi si cimentasse a risolverlo; non a caso, Whitmore Jones scrive che “uno spirito piuttosto canzonatorio compare a presiedere il gioco, privando del successo il giocatore spesso all’ultimo momento, nel momento in cui sembra ormai averlo in pugno”. Sulla base di questa prima testimonianza, è possibile ipotizzare che il solitario sia nato (probabilmente) in Europa, nella seconda metà dell’Ottocento. Il nome con cui è universalmente conosciuto oggi, invece, ha un’origine diversa, in quanto deriva dal cognome di un famoso giocatore d’azzardo americano, Richard A. Canfield. Nativo di New Bedford (Massachusetts), nel 1893, dopo alterne vicende personali, riuscì ad acquistare da Charles Reed, un gambler newyorkese, il Club House di Saratoga Springs (New York); alla riapertura, nel 1894, il locale venne ribattezzato “The Casino”, riscuotendo fin da subito un grosso successo, specialmente in termini di profitti. Una parte considerevole degli introiti della salone arrivava da un gioco in cui Canfield invitava i giocatori d’azzardo a ‘comprare’ un mazzo di carte francesi (pare per una cinquantina di dollari); il giocatore avrebbe poi usato il mazzo per un solitario, con la possibilità di guadagnare 5 dollari per ogni carta piazzata su ciascuna delle basi. In tal modo, il giocatore, piazzando tutte e 52 le carte, si sarebbe aggiudicato ben 500 dollari. Nonostante la percentuale di vittorie fosse piuttosto scarsa, il gioco divenne estremamente popolare, facendo sì che Canfield diventasse molto ricco nel giro di pochi anni. Le fonti, purtroppo, non concordano su quale fosse effettivamente il gioco di cui sopra; l’ambiguità nasce dal fatto che lo stesso Canfield pare lo chiamasse ‘Klondike’ (un altro tipo di solitario), benché successivamente il gioco divenne noto in tutto il Nord America come ‘Canfield’. Tale denominazione, a rendere ancor più nebulose le origini del solitario che conosciamo oggi, veniva anche utilizzata in Inghilterra in riferimento ad un altro gioco, inizialmente noto come ‘Klondike’. Ragion per cui, alcuni hanno ipotizzato che Canfield non abbia fatto altro che utilizzare il Klondike, e non il gioco che oggi, negli Stati Uniti, è noto con il suo cognome. Forse per questo, tutt’oggi vi è una certa confusione tra questi due solitari i quali, pur condividendo alcuni meccanismi e lo scopo finale, rappresentano a tutti gli effetti due giochi differenti. Il Klondike è forse più popolare e lo si può anche giocare online, scaricando l’app di Digitalmoka.

Regole del gioco

Vediamo ora quali sono le regole del Canfield. Partiamo anzitutto dal meccanismo di svolgimento del gioco: nella parte alta del tableau si creano, idealmente, quattro ‘basi’; in ciascuna di esse, il giocatore dovrà creare un pozzetto formato da carte dello stesso seme, sovrapponendole in ordine crescente. Il solitario è risolto quando il giocatore riesce a sistemare tutte le carte nei pozzetti delle quattro basi. Per questo solitario è necessario utilizzare un mazzo di carte francesi. Dopo averle mescolate, il giocatore deve creare un pozzetto mettendo da parte tredici carte coperte, formando la ‘riserva’. Successivamente, dispone quattro carte scoperte sul tavolo, così da individuare quattro colonne all’interno del tableau. Poi gira la carta che si trova in cima al pozzetto, collocandola in una base; di conseguenza, anche le altre basi dovranno essere completate a partire da una carta del medesimo valore. Esempio: se la prima carta della riserva è un 7 di picche, la prima carta di ciascuna delle altre basi dovrà essere un 7. Le carte possono essere collocate nelle basi in ordine crescente di valore; pertanto, se una base comincia – come da esempio – con un 7, la carta successiva dovrà essere un 8 dello stesso seme. Se la costruzione della base parte da un Re, la carta successiva collocabile nella base sarà l’Asso dello stesso seme. Le carte del tableau, invece, devono essere mosse e giocate diversamente; si possono aggiungere in ordine decrescente a ciascuna pila, a patto di alternare carte di colore diverso (una rossa, una nera, una rossa e così via). Quando lo spostamento di una o più carte del tableau lascia una pila vuota, questa va ‘riempita’ girando sul tavolo la carta che si trova in cima alla riserva (non si può attingere al tallone); nel momento in cui le pile sono di nuovo tutte occupate, il giocatore può usare le carte del tallone per ‘allungare’ le pile. A tal proposito, deve girare tre carte per volta, e può giocare soltanto l’ultima, ossia quella che si trova in cima; questa può essere messa solo in una delle pile del tableau. Di norma, il giocatore ha facoltà di girare le carte del tallone tutte le volte che vuole (benché pare che lo stesso Canfield avesse introdotto un numero limite di possibilità) ma, se non riesce e toglierne almeno una, vuol dire che il solitario non è riuscito, dal momento che non ha più modo di effettuare alcun tipo di giocata, né sulle pile né sulle basi. Per ‘liberare’ una pila e sbloccare una carta della riserva, è possibile spostare non solo una singola carta ma anche un’intera sequenza, a patto di rispettare la regola dell’alternanza dei colori.

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