Gioco della scopa, le origini e la storia


Quando si parla di giochi di carte italiani, la Scopa è sicuramente il più rappresentativo: diffuso in tutta Italia, da nord a sud, viene largamente giocato tanto nella versione tradizionale quanto nelle tante varianti locali. Lo si può giocare durante le festività natalizie, in famiglia, tra amici, utilizzando qualsiasi mazzo di carte regionali; in aggiunta, si può giocare anche a scopa online, tramite l’app di Digitalmoka. Le origini del gioco della Scopa sono molto antiche ma, nonostante l’enorme popolarità, restano ancora piuttosto incerte.

Gioco della scopa, la storia

Per tracciare in maniera accurata una storia del gioco della Scopa, bisogna risalire al Rinascimento italiano e, più precisamente, al periodo a cavallo tra il XV° e XVI° secolo. Le carte da gioco, all’epoca, erano già piuttosto diffuse, grazie soprattutto agli spagnoli che avevano introdotto nella penisola i ‘naibi’, dirette discendenti delle carte arabe che circolavano nel Mediterraneo già da alcuni secoli e dalle quali derivano, più o meno direttamente, gran parte dei mazzi regionali italiani a semi spagnoli. Tra i giochi più praticati in Italia già agli inizi del Cinquecento, e diffuso dai marinai spagnoli di stanza nei porti italiani, vi era la Primiera. Si trattava di un gioco d’azzardo vagamente simile al Poker in cui i punti venivano assegnati al giocatore che riusciva a raccogliere quattro carte con lo stesso valore numerico. A riprova di quanto fosse popolare questo gioco, se ne ha traccia persino nel titolo un’opera del poeta toscano Francesco Berni (“Capitolo del gioco della primiera col comento di messer Pietropaulo da San Chirico”) risalente al 1526. Il legame tra la Primiera e la Scopa è confermato dal fatto che, ancora oggi, il termine “primiera” è utilizzato per identificare un particolare punto di mazzo del gioco della Scopa. È opinione diffusa, infatti, che quest’ultimo derivi più o meno direttamente proprio dalla Primiera. Secondo un’ipotesi avanzata dalla FIGS (Federazione Italiana Gioco dello Scopone), “era finalizzata all’acquisizione dell’unico punto in palio che si ottiene confrontando, a conclusione di ogni smazzata, il punteggio composto da quattro carte di seme differente, sommando il loro valore”. Il passaggio dalla Primiera allo Scopone, quindi, sarebbe avvenuto quando, in base a quanto ipotizzato dalla stessa Federazione, “le quattro carte di seme diverso, necessarie per realizzare il punto della primiera, non erano più distribuite casualmente, bensì dovevano essere conquistate”. Lo Scopone, infatti, come recita Il Codice di Chitarrella del 1750, (nella versione redatta dal Saracino), “è così chiamato perché è una scopa in grande”; di conseguenza, è molto probabile che l’evoluzione dei due giochi si sia sviluppata di pari passo. Il Codice sopra citato, contenente le “44 regole dello Scopone”, scritte in latinetto da un monaco (o prete) napoletano non meglio identificato, rappresenta la prima attestazione del gioco (almeno secondo alcuni) e, per estensione, anche della scopa “detta anche scopetta”, descritta come un gioco che “si gioca con tre carte”. Le regole di Chitarrella testimonierebbero come, a metà del Settecento, Scopa e Scopone fossero già ampiamente diffusi in tutta Italia, dal momento che, si legge nella prima regola, “i giocatori di scopone di qua dal Po adoperano generalmente le carte italiane” (mazzi regionali a semi spagnoli o italiani) mentre “Di là dal Po si usano le carte che noi napoletani chiamiamo francesi” (Regola 2). Nei due secoli precedenti la pubblicazione del Codice, è ipotizzabile, secondo la FIGS, “una evoluzione delle regole con la nascita di giochi intermedi”, tra i quali il Calabrache (noto anche come Besàbesa o Concina), la Cicera bigia, il Foraccio (comprese le varianti Zobelòn e Zogoeon, antenato del Foracio) e lo Scarabocion (o Scarabucion), considerato come uno dei diretti antesignani della Scopa moderna. A partire dalla metà del 18° secolo, le regole si sono progressivamente consolidate; il primo ‘vero’ manuale sullo Scopone, secondo molti, è rappresentato da una pubblicazione di Antonio Capecelatro, pubblicato in forma anonima dallo stabilimento tipografico G. Nobile di Napoli nel 1855.

Da cosa deriva il nome

Il termine “Scopa” fa riferimento al meccanismo di presa che consente ad un giocatore di realizzare un punto (scopa) prendendo tutte le carte presenti sul tavolo; il dizionario etimologico online, infatti, definisce la “Scopa” come “giuoco di carte in cui vice chi prende tutte o la massima parte delle carte che sono in tavola e così in quel modo le scopa via”. Anche il Codice di Chitarrella sembra confermare questa spiegazione del nome; la prima regola spiega che “la scopa prende il suo nome dal punto che si fa prendendo tutte le carte in tavola, come se la si scopasse”.

Curiosità sulla scopa

Nel corso dei secoli, la Scopa è entrata a far parte della cultura popolare italiana. Non a caso, esiste un’ampia gamma di varianti locali quali la Cicera bigia (diffusa nel bresciano), la Cirulla (di origine ligure), la Scopa bugiarda, lo Spazzino, il Dobellone (tipico del Trentino), il Foracio (che si gioca in Veneto ed è simile allo Scopone), l’Asso pigliatutto, la Bàzzica, il Maresciallo, il Rubamazzetto, la Sbarazzina, la Scopa a undici, la Scopa a quindici, lo Scopone scientifico e il Tuzzulicchio. Negli anni Ottanta, il gioco della Scopa guadagnò ulteriore fama dopo la vittoria della Nazionale di calcio al Campionato del mondo disputato in Spagna nel 1982; sul volo presidenziale che riportò la squadra in Italia, venne giocata una ormai famosissima partita che coinvolse l’allora presidente della Repubblica Sandro Pertini, il commissario tecnico Enzo Bearzot e due calciatori, Franco Causio e Dino Zoff. Il celebre scatto immortalava i quattro giocatori e la Coppa del Mondo al centro del tavolo, con davanti un mazzo di carte. Due anni dopo, nel 1984, esce nelle sale cinematografiche “Non ci resta che piangere”, di Massimo Troisi e Roberto Benigni. I due personaggi che interpretano (Mario e Saverio) incontrano Leonardo da Vinci e cercano di spiegargli le regole per giocare a Scopa. Il gioco era già comparso al cinema molto prima; nel film a episodi “L’oro di Napoli” (1954), Vittorio de Sica interpreta il conte Prospero, impegnato in una serie di partite a Scopa con Gennarino, il figlio del portiere. “Lo scopone scientifico”, infine, è il titolo di una commedia del 1972 diretto da Luigi Comencini.

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